Soste al carico: lo specchio di una supply chain che ha bisogno di cambiare

 

Nuove regole sui tempi di attesa per carico e scarico merci

In questi mesi, nel settore della logistica e dei trasporti, non si parla d’altro: le nuove disposizioni sulle soste durante le operazioni di carico e scarico stanno ridisegnando le regole del gioco. Per anni, i tempi morti sono stati percepiti come un “male necessario”. Ma oggi, con l’entrata in vigore del Decreto Infrastrutture 2025, ignorarli può costare caro. Alle aziende e, a cascata, a tutta la filiera.

Quando un mezzo si ferma, l'azienda non smette di spendere. Anzi, iniziano una serie di costi diretti e indiretti che impattano sull'intero flusso operativo:

  • Costi operativi vivi: autista in attesa, carburante sprecato, occupazione delle risorse.
  • Ritardi a catena: un fermo non previsto può compromettere le consegne successive.
  • Perdita di rotazioni: meno viaggi completati nella giornata, meno redditività per veicolo.
  • Stress logistico: sovraccarico dei magazzini e congestione dei piazzali.

La norma parla chiaro: 90 minuti di franchigia, poi scatta l’addebito automatico di 100 euro l’ora. Non importa se l’autista è arrivato in anticipo o se c’è stato un disguido al magazzino: il conteggio inizia dal momento in cui il camion varca la soglia del punto di carico o scarico. E la prova può essere fornita anche dal tachigrafo intelligente o dai dati telematici del veicolo.

È una presa di posizione importante, che intende finalmente tutelare il lavoro degli autotrasportatori e responsabilizzare tutti gli attori della catena logistica. Ma la domanda che molti si stanno facendo è un’altra: siamo davvero pronti?

 

I tempi di inefficienza quotidiani pesano sui costi 

In Italia, l’inefficienza al carico è un problema strutturale. Uno studio dell’Università di Milano Bicocca condotto su oltre 80.000 giornate di lavoro ha rivelato che un autista trascorre in media più di quattro ore al giorno fermo per carico o scarico. Non si parla di pause o ritardi: si tratta di ore operative in cui il mezzo è in attesa, in un cortile, davanti a una banchina, senza poter produrre valore.

Se consideriamo un costo medio annuale del lavoro di 65.000 euro per autista, moltiplicato per le ore perse e per il numero di mezzi circolanti, si arriva facilmente a decine di milioni di euro di inefficienze distribuite su base nazionale. Ma non è solo una questione di denaro: è una questione di organizzazione, di competitività, di rispetto per chi lavora su strada e in magazzino.

Le ore di attesa non nascono per caso. Spesso sono il risultato di una mancanza di coordinamento tra magazzino e trasporto. Le cause più comuni:

  • Il carico non è ancora stato preparato.
  • Lo slot è occupato da un altro mezzo in ritardo.
  • Mancano operatori disponibili per caricare/scaricare.
  • La documentazione non è pronta.
  • Non esiste una pianificazione condivisa delle fasce orarie.

E non si tratta di casi isolati. Secondo un report di Agenda Digitale – Osservatorio Supply Chain Planning del Politecnico di Milano (2024), ben il 72% delle aziende italiane non dispone di un sistema avanzato basato su tecnologie digitali (come IoT, AI o soluzioni integrate) per il tracciamento e la pianificazione dei flussi lungo l’intera supply chain.

Questo significa che solo il 28% delle imprese ha già adottato sistemi strutturati per gestire con maggiore efficienza arrivi, movimentazioni e operazioni logistiche.

 

Le nuove normative contribuiscono a riorganizzare la situazione, ma non sono esaustive

La normativa ha sicuramente il merito di introdurre trasparenza. Oggi, chi riceve un autotrasportatore ha l’obbligo di dare istruzioni chiare sull’orario di scarico e sul luogo esatto di destinazione. E deve essere pronto ad accogliere il veicolo entro tempi certi. Se non ci riesce, paga. È un principio semplice, di equità e di responsabilità.

Tuttavia, come spesso accade, la realtà operativa è più complessa. Le associazioni di categoria hanno accolto la riforma in modo contrastante: c’è chi l’ha vista come una conquista per la categoria. Ma c’è anche chi denuncia una mancanza di controlli automatici, temendo che gli indennizzi diventino carta straccia in caso di contestazioni e ritardi burocratici.

Serve allora uno sforzo ulteriore. Serve che le aziende comincino a guardare alle attese non solo come un problema da “far pagare”, ma come un’opportunità di riorganizzazione interna.

 

L'ottimizzazione strategica è oggi cruciale per la competitività

Oggi, grazie alla digitalizzazione, esistono strumenti concreti per migliorare la gestione degli arrivi. Alcune imprese hanno già iniziato a mappare i propri flussi, a identificare gli orari di picco, a rendere più fluido l’accesso alle banchine. Sistemi di yard management e telecamere intelligenti permettono di monitorare in tempo reale il piazzale, prevedere i momenti di congestione, ridurre le attese.

Ma il cambiamento culturale più importante è un altro: la consapevolezza che il carico e lo scarico non sono semplici “appendici” del trasporto, ma processi chiave della supply chain. Il tempo che un camion passa fermo è un tempo che pesa sul bilancio di tutta la filiera, dal produttore al distributore, fino al cliente finale.

 

Slot booking: non solo tecnologia, ma metodo

Ed è proprio qui che entra in gioco una delle soluzioni più efficaci e allo stesso tempo più sottovalutate: il sistema di slot booking.

Non si tratta solo di una piattaforma dove l’autista prenota un orario. È molto di più. È un approccio organizzativo che impone ordine, programmazione, dialogo. Significa sapere, in anticipo, chi arriva, quando, dove, e cosa deve fare. Significa distribuire in modo uniforme i carichi di lavoro del magazzino, evitare picchi e sovrapposizioni, migliorare l’utilizzo delle risorse e – non da ultimo – offrire condizioni di lavoro più sostenibili a chi opera in banchina.

Le aziende che hanno già adottato lo slot booking lo raccontano chiaramente: i tempi di attesa si riducono drasticamente, in alcuni casi anche del 60-70%. Il personale è meno stressato, perché lavora su flussi prevedibili. I trasportatori sono più produttivi, perché riescono a fare più viaggi in giornata. E il cliente finale riceve la merce nei tempi previsti, senza sorprese.

Inoltre sono stati rilevati aumenti significativi della produttività di banchina e di miglioramenti nella puntualità delle consegne.

 

 

Il tema delle soste al carico non è più solo una questione operativa. È diventato un tema strategico. Perché riflette la maturità organizzativa di un’impresa, la sua capacità di adattarsi al cambiamento, di rispondere alle esigenze di mercato con strumenti nuovi.

Il suggerimento? Inizia da un’analisi interna: quanto tempo aspettano i tuoi mezzi? Quanto costa, davvero, ogni ora persa? Quanti viaggi potresti recuperare se ottimizzassi l’accesso al tuo magazzino? E poi, valuta se ha senso avviare un progetto pilota di slot booking, magari su un singolo sito o cliente.

In fondo, non si tratta solo di ridurre costi. Si tratta di rendere la tua supply chain più resiliente, più trasparente, più sostenibile. E oggi, questo fa la differenza tra restare indietro e guidare il cambiamento.